La Ducati Panigale V4 cambierà il segmento delle supersportive?

Gianluca Salina

Doppia versione, per la nuova Panigale V4, in altrettante cilindrate, una scelta apparentemente in controtendenza, visti i risicati numeri del mercato delle supersportive, che potrebbe però aprire una nuova era, da parte dei costruttori, sempre più portati a realizzare moto più performanti, non solo per i campionati, ma anche per rispondere alle esigenze delle normative anti-inquinamento, che penalizzano le performance dei modelli stradali.

La crisi, ma non solo, si è fagocitata le 600 cc sportive, eliminate dai listini di tre delle quattro case giapponesi (resiste la sola Yamaha) e da quello di Triumph, mentre le settemmezzo non esistono più da secoli, ad eccezione della GSX-R 750, ancora presente su qualche listino Suzuki, ma ormai eliminata dai modelli in vendita nei principali mercati europei.

E le SS1000? Vendono ovviamente meno, ma non possono permettersi di sparire, con la loro immagine di massima espressione tecnologica di ogni costruttore. Da qui una sorta di new-deal, che ha visto rinnovare tutte le maxi-sportive (ad eccezione di KTM ed MV-Agusta) negli ultimi anni. L'ultima in ordine di tempo è stata la Ducati Panigale V4, presentata ad EICMA 2017 e che ha le carte in regola, se non per rivoluzionare, quanto meno per cambiare il mondo delle SBK-replica.

Questo perché, complice il regolamento del mondiale riservato alle derivate dalla serie, le moto sono sempre più performanti in configurazione standard, in quanto (sulla carta) sempre meno elaborabili. Dopo questa prima risposta delle case, che hanno realizzato versioni spinte delle loro top di gamma, con le varie Aprilia RSV4 RFHonda CBR 1000 RR SP2Kawasaki ZX-10RRSuzuki GSX-R 1000 R e Yamaha R1M, a cui va aggiunta la versione R della 1199 Panigale, propria del DNA Ducati, l'impressione è che si sia passati allo step successivo.

Il mercato è e resterà certamente di nicchia, almeno nel medio periodo e pare sia avviato verso una ulteriore estremizzazione del concetto di offerta in ambito hypersport con, insieme, una differenziazione del prodotto tra base per l'impiego race e moto destinata alla circolazione su strada e, ovviamente, in circuito, che è  sempre più il terreno di elezione di moto che, grazie a sofisticate dotazioni a livello di elettronica hanno, non solo potenze, ma prestazioni complessive tali da avvicinarsi (e molto) a quelle dei mezzi che correvano in Superbike solo qualche anno fa.

Fino ad oggi si sono avute versioni race-oriented e/o maggiormente esclusive di alcuni modelli (ad esempio le versioni R o Superleggera della stessa Ducati, così come la RSV4 Factory Works di Aprilia, piuttosto che la HP4 di BMW) ma mai, prima d'ora, si era ricorso a due motorizzazioni differenti, come avvenuto per la nuova nata a Borgo Panigale, che si affida ad una unità da 1103 cc per le declinazione standard ed S mentre, per esigenze di omologazione in WSBK, ci sarà una R con cilindrata 1000.

Questa scelta è forse destinata a condizionare quelle future dei competitor della casa bolognese, posto per inciso che la novità della doppia cilindrata della V4 non fosse stata, almeno per gli addetti ai lavori, una novità e questo ha potuto eventualmente permettere di variare i piani futuri della concorrenza di Ducati, visto che la realizzazione di una moto richiede mediamente tre anni ed a volte anche di più. Come potrebbe quindi essere, il futuro delle supersportive nel breve termine?

Partendo dal presupposto che non è detto che tutti scelgano di seguire la rossa, la differenziazione di cilindrata potrebbe essere la strada da seguire, per le case, per poter compensare le sempre più stringenti esigenze delle normative anti inquinamento (l'Euro5 è alle porte), senza dover rinunciare a cavalli e personalità con, in più, il vantaggio di una maggiore corposità di risposta ai bassi data da una maggiore cubatura.

partendo dal presupposto che si tratti di mere speculazioni chi, forse, su questo piano parte da una posizione di vantaggio, è Aprilia. La casa di Noale ha già in casa il 1100 (in realtà 1077 cc, ottenuti con un alesaggio di 81mm, 4 in più del motore della sportiva e la stessa corsa, 52,3 mm) attualmente impiegato sulla Tuono V4 ed è attesa con novità al prossimo EICMA, che potrebbero riguardare il completo rinnovamento della RSV4, insieme alla F4 di MV Agusta ed alla S1000RR di BMW la più datata tra le supersportive.

Chi invece non sembrerebbe intenzionata a seguire Ducati, almeno per questa tornata, è proprio la casa tedesca. La nuova moto (quasi certamente un 1000) è pronta da tempo, ma a Monaco hanno scelto di presentarla solo in autunno per completare i long-run test che avevano portato il primo modello a macinare oltre un milione di km prima del lancio ufficiale.

Discorso divero per le case giapponesi. A parte l'atavico dubbio sulla possibilità che Honda presenti l'atteso V4 (il 2019 sarà il 70° anniversario della casa dell'ala), non ci dovrebbero essere sostanziali mutamenti, nel breve termine, per quanto riguarda la Fireblade. Nonostante nella storia dell'azienda ci siano modelli "fuori quota" come la CBR 1100XX Blackbird, l'attuale CBR 1000 RR è stata rinnovata da poco e non ci dovrebbero essere novità di rilievo, così come per la Suzuki GSX-R.

La logica suggerisce la stessa cosa per Yamaha. La R1 ha già qualche anno alle spalle e lo sviluppo del nuovo modello è certamente partito prima che le voci su un possibile oversize del motore Ducati iniziassero a circolare. E' pertanto lecito attendersi una nuova moto da Iwata ad Intermot o EICMA di quest'anno, piuttosto che nel 2019, conservando però la cubatura 1000.

L'incognita maggiore, tra le case del Sol Levante, appare essere Kawasaki. La ZX-10R, dominatrice del mondiale Superbike con Jonathan Rea, ha visto l'ultima sostanziosa evoluzione nel 2016, quando è stato presentato l'attuale modello evolutosi, l'anno successivo, nella più specialistica versione RR e, lo scorso autunno, nella SE, dotata di sospensioni semi-attive Showa.

La storia insegna che gli uomini in verde non sono nuovi a proporre soluzioni in parte o totalmente fuori dagli schemi. Fu così per la ZX-12R, tra l'altro dotata di telaio monoscocca in una epoca in cui i perimetrali erano lo standard de facto, così come lo è stato per la H2, prima moto di serie sovralimentata dell'epoca moderna. Cosa attendersi dunque, da Akashi?

Tre le soluzioni, che vanno da una nuova moto, sempre 1000cc ai prossimi saloni, con l'abbandono delle storiche quote del 4 in linea (76×55 mm) in favore di più superquadre, dettato dalla necessità di aggiornare l'attuale mezzo ai canoni delle ultime arrivate, passando per una scelta di differenziazione della cilindrata in stile Ducati, fino all'opzione più esotica ed anche la meno probabile, che prevede una Ninja 1000 dotata di compressore centrifugo, scelta che risolverebbe in un solo colpo le problematiche di contenimento emissioni inquinanti e di incremento delle prestazioni.

In un settore dove le economie di scala la fanno da padrone ed il mercato è in crisi, almeno in questo specifico segmento, il futuro potrebbe essere più interessante di quanto le logiche suggerirebbero. Ribadendo che si tratta di pure speculazioni sull'argomento, dal momento che i prossimi Intermot ed EICMA potrebbero invece rivelare molte meno sorprese del prospettato, l'arrivo della Ducati V4 qualcosa sembra comunque aver cambiato. Il mercato delle supersportive è morto, viva le supersportive!

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