Intervista a Massimo Tumminello, ex pilota CIVs e appassionato viaggiatore

Riccardo Fanni

Intervista a Massimo Tumminello, esperto viaggiatore ed ex pilota CIVS, che racconta dei suoi viaggi e della sua visione del mondo visto dalla moto. Scopriamo con lui gli aneddoti di una vita spera in viaggio

Viaggiare è da sempre uno dei principali obiettivi per cui un motociclista gira la chiave e spinge il bottone di avviamento della sua moto. Ci sono persone che si sentono naturalmente ispirate nel girare il mondo, e per loro l’adrenalina viene generata dalla scoperta di nuovi passaggi, di nuove strade, e di culture e situazioni diverse. Ed esiste poi colui il quale realizza le sue passioni girando circolarmente all’interno di un circuito, asfaltato o sterrato, poco importa.

Il punto in comune tra loro rimane il mezzo a 2 ruote, come fosse una variazione genetica impressa nel loro Dna, che determina poi la costante della propria passione.

Alcune fortunate persone, nell’arco di una vita, riescono a provare tutte e due le cose, portandosi dietro una serie di ricordi ed aneddoti che stupiscono il “normale” motociclista quotidiano, che rimane ipnotizzato ad ascoltare e sognare ad occhi aperti.

Sulla scia di queste magiche sensazioni su due ruote, ho intervistato per voi Massimo Tumminello, ex pilota del Campionato Italiano Velocità in Salita, fondatore della 77Roads ed appassionato viaggiatore solitario, per cercare di capire l’origine della sua passione ed ascoltare qualche suo aneddoto occorso durante i suoi viaggi.

D: Massimo, da dove viene la tua passione per i viaggi?

R: Penso di essere nato nel profondo come viaggiatore, la prima volta a 15 anni, con il Bravo di mio nonno, da Lucca all’isola d’Elba per una settimana in tenda con gli amici. Fu la mia prima esperienza di vita fuori da casa in sella ad una moto. Poi a 17 anni in Grecia con il Cagiva 125 e da li non mi sono più fermato.
 

D: Dove hai viaggiato in moto nella tua vita?

Ho viaggiato in tutta Europa, da Nordkapp nel 1988, a tutto il nord Africa, Libia compresa, fino a Dakar. Mi sono spinto a est per il Medio Oriente e la via della seta fino al Kirghizistan, la grande Russia ben oltre Mosca. Poi c’è tutta la parte del Sud America, fino a Ushuaia, dove sono stato diverse volte sia per diletto che per lavoro. L’elenco sarebbe molto lungo, i paesi visitati sono oltre sessanta.

D: Mi provochi, cosi mi fai molta invidia! Posso chiederti se hai sempre lavorato nel mondo dei motori?

Ho sempre avuto un rapporto strettissimo con le moto, ho lavorato per diverso tempo come aerografista su Harley Davidson e modellato caschi per diverse aziende leader, ho corso per dieci anni nel CIVs, dove ho vinto nel 2007 con un Aprilia 125 missile!

D: Massimo, hai mai trovato difficoltà in famiglia per questa tua passione?

La mia prima moto è stata lo “Zigolo” di mio nonno, e da quel momento capii che le due ruote non mi avrebbero mai più abbandonato. Viaggiare è sempre stata un’esigenza, vengo da una famiglia di viaggiatori (sia per necessità che per diletto), spostarsi per noi non è mai stato un problema, anzi, un piacere. Poi per me la moto è il mezzo di trasporto preferito, non l’unico, chiaramente, ma sicuramente quello che, come il primo amore, non si scorda mai! Mi permette di essere a contatto con la natura, con le persone ed assaporare il mondo che cambia sotto le ruote.

D: Cosa ti spinge intimamente a viaggiare?

Per me, indipendentemente dalla mia attività, viaggiare in moto in solitaria e per lunghi periodi rappresenta la realizzazione e l’appagamento dei miei sentimenti più più nascosti ed interiori. Mi permette di stare a contatto con i vari popoli, anche non conoscendone le lingue e le usanze, cercando di imparare da quello che vedo, anche dalle più piccole sfaccettature e modi di fare delle persone.

Il tour più lungo che abbia mai fatto è stato di quasi 15000 Km, durato ben due mesi attraverso i Balcani fino al Mar Nero, Russia, Karelia, Repubbliche Baltiche, Danimarca Islanda e ritorno. In quel periodo ho avuto modo di vedere come, nonostante cambiassero i popoli, siamo tutti accomunati dalla ricerca di noi stessi e del nostro posto su questo pianeta, ed ho trovato moltissima umanità, cosa che, al giorno d’oggi, tramite l'eccesso mediatico a cui siamo continuamente sottoposti, sembriamo aver dimenticato.
 

D: Quale posto o paese porti maggiormente nel cuore?

Tra tutti i viaggi che ho fatto, ricordo molto bene quello che giudico, senza dubbio, il più irripetibile: Balcani, Turchia, Siria, Giordania, Egitto e rientro da Alessandria via mare. Ma è una scelta difficile, adoro viaggiare in Iran con la splendida ospitalità del suo popolo, amo il Marocco per la varietà dei suoi paesaggi, il Sud America per il calore della gente, le Ande, e per il deserto di Atacama. La Patagonia poi, è per me una scoperta relativamente recente, e mi ha sorpreso molto per la sua sensazione di maestosità e tranquillità.
Prediligo i grandi spazi aperti, non saprei scegliere un deserto o una destinazione preferita, le vette del Pamir o quelle Andine, Atacama o Sahara, i resti del Machu Picchu o di Persepoli, i ghiacciai islandesi o il Perito Moreno. Farei un torto a dare delle preferenze, questo nostro mondo è troppo bello per essere classificato.

D: In quale luogo vorresti viaggiare che non hai ancora esplorato?

Penso che, come dicevo, il Sud America sia la mia ultima frontiera, mi manca la parte nord orientale.
 

D: Come studi e prepari i tuoi viaggi?

Ogni nuovo viaggio prende forma lentamente, con un’immagine che letteralmente si materializza nella mente e mi evoca paesaggi inesplorati, alla quale segue un impulso ad andare in internet per cercare di saperne di più! Cerco informazioni e poi inizia lo studio vero e proprio, prima la storia e poi, carta alla mano preparo un itinerario di massima. A volte alla fine lo stravolgo, se ho tempo lascio molto all’improvvisazione, se invece devo stare dentro un breve periodo sono molto puntiglioso nella scelta del percorso e nella selezione di cose da vedere e fare. Deformazione professionale?

D: C’è mai stata una situazione in cui hai sei arrivato a pensare “da qui non ne esco più?”

Non ho mai pensato o avuto la sensazione di essere in reale pericolo, spesso ho dovuto avere molta pazienza, sempre nell’attraversare dogane “difficili”; svariate ore e, a volte, per fortuna poche, giorni. Basta poco, un permesso che manca, un timbro che non si legge o semplicemente una burocrazia infinita o una festa sconosciuta; anche quando ho avuto problemi tecnici o rotture della moto, con la pazienza, ho sempre risolto, prima o poi qualcuno che ti da una mano arriva.
 

D: Come pensi che possa cambiare il mondo dei viaggi in moto dopo quest’emergenza?

Faccio mie le parole di un giornalista: prima o poi ci abitueremo al fatto che di Covid 19 si muore, come si può morire di molte altre cose, quindi passato il delirio di massa lentamente torneremo alla normalità e ci abitueremo anche a questa nuova situazione. L’importante nella vita è non perdere mai la voglia e l’entusiasmo di fare e pensare cose nuove che ci fanno stare bene con noi stessi e con gli altri.
 

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