MotoGP vs. Superbike, provocazione: budget cap delle SBK a 25 mila Euro

Gianluca Salina

Una provocazione in risposta a chi dice che le Superbike sono sempre più vicine alle MotoGP: ridurre il budget cap delle derivate di serie a 25 mila €, ma anche un contenimento (reale) dei costi totali della moto, limitandolo a 100 mila Euro. L’obiettivo? Aumentare la partecipazione dei team privati e consentire loro di lottare per le posizioni di vertice.

La premessa doverosa è che Ducati, in questo momento, è la casa che ha dimostrato di aver lavorato meglio, realizzando una moto che, secondo i regolamenti, si è rivelata la più performante. Questo per sgombrare il campo da eventuali accuse di essere anti-Borgo Panigale. Quello che state per leggere rappresenta invece una delle tante idee che potrebbero servire, da un lato a cambiare il contesto delle derivate di serie e, dall'altro, a mettere a tacere alcune voci più o meno insistenti di questo periodo.

Prima tra tutte le querelle riguardante il peso minimo moto+pilota, un argomento che FIM e DORNA hanno recentemente archiviato con un "non se ne farà nulla", almeno nel breve termine (anche se nel futuro non si sa). Nel mondo delle quattro ruote il limite di peso vettura+guidatore è un qualcosa che esiste da molto tempo, mentre in ambito moto ha sempre riguardato il solo mezzo.

Esistono poi profonde differenze, tra le due categoria, anche sul piano fisico. Nelle auto il peso del pilota incide, percentualmente, in modo molto meno significativo che sulle moto. Queste ultime poi sono maggiormente soggette a cambiamenti a livello di dinamica e comportamento in caso ricevessero una zavorra, che andrebbe a variare, anche in modo importante, la distribuzione dei pesi ed il baricentro stesso del veicolo.

Anche se la trattazione è stata estremamente sommaria (si sono scritti libri e libri, sulla dinamica del veicolo), fa comunque intuire come il problema non sia di facile soluzione. Sulla base di questo, è comprensibile il fatto che FIM e DORNA, già alle prese con altri cambiamenti che riguardano le categorie derivate dalla serie (primo tra tutti il regolamento tecnico Supersport), abbiano deciso di accantonare il tutto nell'immediato.

In molti affermano che le Superbike (così come le appena citate Supersport), di derivato dalla serie non abbiano granché, rincarando la dose sul fatto che le prestazioni raggiunte sono talmente vicine a quelle dei rispettivi prototipi (MotoGP e Moto2) da rendere i costi delle prime per certi non più completamente credibili. La realtà è però diversa,nel senso che, effettivamente, le moto che corrono in questi campionati sono molto evolute, rispetto ai modelli che si possono trovare nelle concessionarie.

Questo almeno per quanto riguarda le 1000, visto che le 600 supersportive, almeno in Europa, non vengono più vendute, ma questa è un'altra storia. Tornando a bomba sull'argomento, si parlava delle derivate di serie come estremamente vicine ai prototipi. Chi ha dimestichezza con il mondo delle corse dove, a maggior ragione oggi, si lotta sul filo dei millesimi, sa benissimo che i 2 secondi al giro che mediamente dividono una Superbike da una MotoGP sono, nella pratica, un'enormità.

La prova di questo? Pensate a due moto in gara una contro l'altra su una distanza di 20-25 giri come sono le attuali competizioni. Un delta di 2 sec/giro significa prendere da 40 a 50 secondi. Potranno essere 30 su alcune piste e forse 60 su altre, ma significa in ogni caso arrivare molto lontano. C'è poi qualcuno che legge, di nuovo erroneamente, la spasmodica ricerca in campo aerodinamico per la MotoGP, un tentativo di mantenere le distanze a livello prestazionale dalle Superbike.

La verità è ancora una volta differente, con il mondo delle quattro ruote che fa scuole e con l'aerodinamica che, nella GP, è un campo in cui i oggi regolamenti consentono ancora di avere molto spazio di manovra/interpretazione. Ed è sulla base di ciò che le case, le italiane su tutte, stanno lavorando molto. Anche questa però è un'altra storia, che verrà affrontata in un altro articolo.

Per tornare alle Superbike, recentemente è stato ritoccato verso l'alto il price cap riguardante il prezzo massimo che può avere la versione stradale di una moto che costituisce la base per ricavare la corrispondente SBK. Se, da un lato, il costo della sola moto non è la voce di maggior spesa, per un team, nel computo dell'allestimento di un mezzo da gara (le attuali SBK hanno un costo stimato di circa 250-300 mila Euro), dall'altro è un segnale che, forse, la volontà di contenere i costi non è così ferrea.

Qualcuno potrà obiettare che è facoltà delle aziende creare tutte moto che, avendo costi a ridosso del price cap, garantiscano maggiori livelli di competitività ed è vero, ma questo è in antitesi con il concetto originario di Superbike. Questo prevedeva che le moto fossero prelevate dalle concessionarie, moderatamente modificate e poi fatte correre. In questo modo, un qualunque team privato, in grado di accaparrarsi un buon pilota, poteva ambire a posizioni che contano e non essere sempre mestamente nelle retrovie.

Oggi le cose stanno diversamente, tanto che l'ultimo mondiale vinto da un team non ufficiale risale al 2011, quando la Althea di Genesio Bevilacqua centrò l'iride con Carlos Checa e la Ducati 1098R. Qualcun altro obietta poi che la potenza delle moto stradali è sempre in crescendo. In effetti l'escalation è stata pazzesca. Nel 2003 la 1000 supersportiva di serie più potente era la Suzuki GSX-R 1000, che aveva 164 cavalli. Oggi la Ducati Panigale V4R e la Honda CBR 1000 RR-R veleggiano ad un soffio dai 220, alias il 35% in più.

Sempre venti anni fa, un'altra icona della sportività, la Yamaha YZF R1, di cavalli ne aveva 152, meno di quanti oggi vanta, pur con due cilindri contro i 4 della moto di Iwata, la Ducati Panigale V2 che, tra l'altro, non è nemmeno cilindrata piena (è infatti 955 cc). Da tutto questo nasce la provocazione che è venuta fuori due giorni fa in una chiacchierata tra amici, motociclisti addetti ai lavori, oltre che sfegatati tifosi della Superbike e dello spettacolo: ridurre il price cap delle moto a 25 mila Euro.

L'obiettivo? Avere più piloti in griglia e tornare in parte agli albori della categoria, invertendo la tendenza all'estremizzazione che sta portando, almeno in parte, la Superbike nella direzione della MotoGP e restituire quella componente "ruspante" alla categoria. La misura dovrebbe ovviamente essere solo la punta dell'iceberg di una reale politica di riduzione dei costi che non dovrebbe riguardare le sole moto, ma tutto ciò che le compone.

L'elettronica di bordo sarebbe la prima a dover essere calmierata. Dal momento che su certi modelli utilizzare quella di serie potrebbe risultare eccessivamente limitante, la soluzione potrebbe essere una centralina unica come già viene fatto nel BSB e nel CIV. Numero di canali ed opzioni di grandezza finita porrebbero certamente un freno a quelli che sono i costi che maggiormente incidono, oltre a quelli di logistica, sul budget di un team per l'intera stagione.

La stessa cosa dovrebbe avvenire per le sospensioni, con, in più, limitazioni alle altre modifiche (ad esempio il telaio andrebbe lasciato di serie). I soliti scontanti seriali a questo punto diranno che le moto sarebbero meno performanti. Assolutamente sicuro, ma chi ha detto che con 220 cv le gare sarebbero meno combattute di adesso, dove le moto ne hanno 250?

Si alzerebbero magari di 1 secondo i tempi sul giro, ma la bagarre continuerebbe ad esserci ed anzi, probabilmente ce ne sarebbe di più in virtù del maggior numero di piloti che ci potrebbe essere. Dal momento che si sta lavorando di fantasia (anche se in un certo modo e, spero, ragionata), a questo punto perché non ipotizzare un budget cap per l'intera moto, stabilendo ad esempio 100 mila Euro come cifra massima? Qualcuno ha detto Superstock 1000? Non io (anche se l'ho pensato laugh). Voi che ne dite?

Credit images: WordlSBK.com

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