La Superbike ha di recente riacceso i suoi motori in vista dell'inizio del mondiale che, come da tradizione, inzierà a fine febbraio sul circuito di Phillip Island. A tenere banco è ovviamente la lotta al titolo 2025, con l'interrogativo sul se BMW e Razgatlioglu riusciranno a bissare il successo dello scorso anno, quando la casa di Monaco vinse il suo primo titolo tra le derivate di serie.
L'attenzione del circus è però volta, pur se indirettamente, a quello che succede ed avverrà nella categoria che si potrebbe considerare la "cugina maggiore" della SBK, vale a dire la MotoGP. I prototipi vivranno ancora per due stagioni (questa e la prossima) all'ombra del regolamento attuale, che prevede motori di 1000 cc, per passare poi agli 850 cc (MotoGP, nel 2027 cambia tutto: arrivano le 850 cc) a partire dal campionato 2027.
A questo proposito DORNA ha più volte affermato che alla diminuzione delle prestazioni delle GP (situazione che sarà presumibilmente molto temporanea) dovrà corrispondere un conseguente abbassamento delle performance delle Superbike per mantenere una distanza tra le due categorie. Anche se, nella pratica, probabilmente il gap non dovrebbe assottigliarsi apprezzabilmente (MotoGP, 850 cc dal 2027: sarà di nuovo guerra di prestazioni con la SBK?), l'organizzatore e la FIM potrebbero decidere, a scanso di equivoci, di spuntare ugualmente le frecce all'arco della SBK introducendo varie misure.
La prima sarà già in vigore nel campionato che sta per partire, con quello che è ormai l'arcinoto sistema di limitazione del flusso di benzina, fissato per tutti a 47 kg/ora. I costruttori hanno chiesto garanzie di stabilità per i futuri regolamenti, un qualcosa che all'accoppiata DORNA-FIM non è riuscito troppo spesso. Ecco così che qualcuno, sottovoce e da un angolino, in modo del tutto ed assolutamente non ufficiale, inizia a bisbigliare della possibilità di una seconda strada.
Quella che potrebbe essere definita una teoria complottista (vanno di moda…) si basa sull'andamento del mercato su quanto questo stia condizionando le scelte delle case costruttrici in termini di produzione e relativa gamma. La crisi delle supersportive è nota da tempo. Le 600 a 4 cilindri ne hanno già fatto le spese, anche se, di recente, Honda e Kawasaki hanno omologato CBR 600 e ZX-6R secondo le normative Euro 5+.
L'ultimo vero baluardo sono le 1000-1100 4c, forse più vetrine tecnologche dei vari costruttori, in grado però di "mettere in soggezione" il motociclista comune con potenze dell'ordine dei 220 cv (EICMA 2024 dalla A alla Z: Aprilia RSV4, è lei la regina delle supersportive). Sulla scorta del fatto che il motociclista di oggi è attirato da una moto versatile più che da una race-replica (non per niente le adv tourer sono le regine del mercato), le case hanno agito di conseguenza.
Sono così state realizzate moto che si potrebbero definire "sportive ma non eccessive" come la Aprilia RS 660, la Yamaha R7, la Suzuki GSX-8R, Triumph Daytona 660, Ducati Panigale V2 my 2025 (EICMA dalla A alla Z: Ducati Panigale V2 e Streetfighter V2 my2025), Yamaha R9 ed altre appartenenti alla stessa tipologia, come ad esempio la già annunciata Moto Morini Corsaro Sport, stanno per arrivare.
Parallelamente stanno via-via crescendo di cilindrata anche le classi minori le quali, dai canonici 500 cc per le bicilindriche entry, sono già lievitate in alcuni casi a 550, mentre il segmento superiore ormai si articola tra i 650 e gli 800 cc. Da qui, l'idea malsana di originare tre diverse classi che rispecchino maggiormente quelle che sono le vendite globali, alias che riguardano non solo i mercati occidentali, tradizionalmente più ricchi, ma anche quelli emergenti.
Questo avrebbe inoltre, come non trascurabile effetto collaterale il ridurre (e di molto) da un lato le prestazioni delle moto, allontanando definitivamente e di anni luce derivate dalla serie e prototipi. Dall'altro, con una opportuna politica mirata a far rimanere la filosofia della categoria vicina al prodotto di serie, si potrebbero largamente contenere i costi, a beneficio di griglie più densamente popolate.
Fondamentale sarebbe, per la riuscita del tutto, la realizzazione di un meccanismo di BoP realmente efficiente. La suggestione di un ritorno al passato diverrebbe certamente importante se la riduzione della cilindrata, per la Superbike, significasse l'adozione di limiti di cubatura che hanno fatto la storia della categoria, vale a dire 1000 cc per i motori a 2 cilindri, 900 cc per quelli a 3 e 750 per i 4c).
Leggendo certi numeri è impossibile non pensare, per la Superbike, alle varie 916/996/998/999, GSX-R 750, R7 (il modello originario), RC 30/RC 45, ZX-7R/ZXR 750 , anche se si tratta di modelli che oggi non hanno praticamente corrispondenze, se non nella MV F3-800 e, scendendo un po' a livello di performance, nella Ducati Panigale V2, nella Yamaha R9, nella futura KTM RC990 e nella stessa Gixxer 750, ancora in vendita nei mercati extra-UE.
Le varie RS 660, R7, GSX-8R, Daytona 660 ecc potrebbero invece costituire una neonata Supersport, lasciando alle bicilindriche sub-600 ed alla ZX-4R quella che è già stato deciso sarà la Sportbike. In tutta questa rivoluzione resterebbero fondamentalmente da capire due aspetti. Il primo riguarda le modifiche al regolamento che sarebbero necessarie per arrivare, in due stagioni, ad un simile cambiamento.
Se da un lato è vero che DORNA e FIM sono tradizionalmente allergiche ad una stabilità delle regole ed alla loro durata nel tempo, è realtà che, per la SBK, il programma di riduzione delle prestazioni, almeno per la stagione che sta per iniziare, verta sull'introduzione del regolatore di flusso che limita a 47 kg/h il consumo di carburante delle moto. Il secondo aspetto riguarda quale senso di esistere sul mercato ci sarebbe, a quel punto, per le attuali supersportive 600 e 1000-1100 a 4c moto che pur continuando ad essere la vetrina tecnologica delle case, non avrebbero più alcuno sbocco nelle corse come invece avviene oggi, uno scenario quest'ultimo che probabilmente in pochi vorrebbero vedere.