Superbike 2023, Indonesia: a motori spenti

Gianluca Salina

Primi bilanci dopo due round del mondiale Superbike 2023, che va in standby per tre settimane, quando piloti e moto si ritroveranno ad Assen. Ducati e Bautista sul velluto, Yamaha con Razgatlioglu (e Locatelli) ad inseguire, mentre Rea e tutta la Kawasaki sono alle prese con notevoli difficoltà.

Dopo il week-end scorso, teatro del secondo round del mondiale 2023, la Superbike va in standby per sei settimane. Questo periodo sarà utile, oltre a spostare uomini e materiali dall'Oriente all'Europa (la prossima tappa sarà Assen), a riordinare le idee in vista dell'entrata nel vivo di un campionato che, qualche verdetto, anche se parziale, lo ha già emesso, posto per inciso che ci siano ancora undici appuntamenti e tutto o quasi possa essere ancora sovvertito.

Il punto fermo è la forza di Ducati e di Alvaro Bautista. La caduta nella SP-Race di Mandalika ha tolto alcuni punti allo spagnolo che, diversamente, si sarebbe potuto congedare dall'Indonesia, se non a punteggio pieno come nel 2019, non molto lontano dai 124 punti che rappresentano il massimo bottino possibile dopo due appuntamenti. A fare notizia però non è il numero in sé, 112, avvicinato in passato da Rea (110 p.ti nel 2021), dallo stesso numero 19 l'anno scorso (109 p.ti), quanto la solidità del pacchetto, che riguarda non solo il pilota numero 19.

La moto bolognese è consistente e veloce non solo con Bautista ma, complessivamente, con tutti i piloti che la guidano, da Rinaldi a Petrucci (Team Barni) passando per l'ottimo Bassani. (Team Motocorsa.) I due round andati in archivio lo testimoniano, visto che il quinto ed ultimo di loro nella classifica mondiale, Oettl (Team GoEleven), è comunque 11°, davanti a Lowes (Kawasaki ufficiale). Ovviamente, il pilota di Talavera de la Reina ci mette del suo, ma non sarebbe generoso, nei confronti della casa di Borgo Panigale, non riconoscere il merito di aver ulteriormente affinato la Panigale V4R rispetto all'anno scorso.

I 37 punti di vantaggio di Bautista sul secondo, Razgatlioglu, non possono ovviamente mettere una pietra tombale sul campionato ma, di certo, possono essere considerati un principio di piccola ipoteca, più per come il vantaggio è stato costruito che per il gap di punti in sé. Anche Yamaha ha compiuto un passo in avanti ed a farlo più di tutti è stato Andrea Locatelli, adesso a soli 5 punti dal caposquadra e campione del mondo 2021.

Se la Panigale V4R è oggi la moto più performante in termini assoluti, allo stesso modo la R1M è, con ogni probabilità quella più equilibrata e ciclisticamente più efficiente. Il 4 cilindri crossplane made in Iwata spinge certamente meno del V4 italiano e forse anche meno del 4 in linea di Kawasaki, ma la moto appare bilanciata e molto gestibile, almeno da parte dei due piloti ufficiali.

Si è parlato della verdona ed è probabilmente proprio questa, tra i tre marchi che hanno infiammato le ultime stagioni, la moto più in difficoltà e, con lei, l'uomo-simbolo della Superbike moderna, alias Jonathan Rea (Superbike, intervista a Johnny Rea: “Bautista e Ducati sono il riferimento, ma noi ci siamo”). Bisogna tornare ai tempi in cui il sei volte campione del mondo era alla Honda, per trovare un suo inizio di stagione così complicato. Alla vigilia del campionato l'ha fatta da padrone la vicenda dei 500 giri non dati alla casa di Akashi (Superbike: no di DORNA a Kawasaki, che correrà con lo stesso regime massimo del 2022) ma, alla luce di quanto visto finora, i problemi della ZX-10RR sembrano essere anche altri.

Lo si era già visto a Phillip Island e Mandalika non ha fatto che confermare come la Ninja, di motore sia al livello di Yamaha ed anzi, probabilmente un qualcosa sopra, dal momento che Rea e Lowers, sul rettilineo, riuscivano a guadagnare, al netto dell'effetto velocità, quel metro e mezzo due sulle R1M. Il punto è che la Kawasaki sembra non fare strada in uscita curva, a partire dal punto di corda fino a quando la moto non è dritta. o comunque quando il pilota riprende in mano il gas in modo importante.

Se infatti, specie Rea, grazie alla sua innata scorrevolezza, in ingresso riesce a guadagnare su chi lo precede, questo viene immediatamente perso, con gli interessi, nella fase uscita. Mancanza di grip, assetto, elettronica, mix delle varie componenti? Capiamoci, non è che il pilota di Ballymena è diventato "fermo" tutto di un colpo (ricordandosi sempre che l'ultimo dei piloti della WSBK darebbe, ad un comune motociclista, probabilmente 30 sec al giro su ogni pista a stare stretti) e la prova ne sia il 2° posto in Gara-2 in Australia. Quasi scontato quindi, rivolgere lo sguardo verso la ZX-10RR, ormai datata.

La Ninja è la moto più longeva che oggi corre in Superbike derivando, pur con svariate evoluzioni ed affinamenti, da quella del 2011. Complice l'evoluzione delle competitor, è certamente arrivata al massimo sviluppo possibile e può darsi che i ragazzi del KRT, per spremere ancora qualcosa in più, abbiano intrapreso una strada fatta di setup estremi. Questi evidentemente, per il noto principio fisico della coperta corta, non hanno finora pagato.

Di certo c'è che la proverbiale solidità ciclistica della verdona sembra adesso anch'essa in crisi, insieme ad un deficit di motore che, se si esclude la Yamaha, la relega come fanalino di coda quanto a potenza. Il tutto sortisce il risultato di avere Kawasaki terza nel mondiale marche a 51 punti, a pari merito con Honda, a 66 lunghezze dalla Ducati ed a 40 da Yamaha. Nella classifica piloti invece, Rea è sesto con 44 punti, 68 in meno di Bautista e 31 meno di Razgatlioglu, mentre Lowes è mestamente fermo a quota 22.

Il 2023 si annuncia, per gli uomini in verde, un anno di passione. Il 2019 insegna che occorre provarci fino in fondo ma, oggettivamente, quattro stagioni fa Johnny è stato giù dal podio soltanto due volte in tutta la stagione. Quest'anno la situazione si è già verificata cinque volte su sei. Sulla carta già Mandalika doveva essere un circuito favorevole a Yamaha in primis ed a Kawasaki subito dopo, ma così non è stato.

Il prossimo round di Assen sarà una cartina di tornasole quasi definitiva, per il marchio di Akashi, almeno per quanto concerne la prima metà della stagione, non solo per gli ufficiali, ma anche per i privati, forse ancora di più alle prese con prestazioni non in linea con quelle che potevano essere le attese: Questo al netto del fatto che, almeno Tom Sykes, ha avuto in entrambi i week-end problemi non direttamente correlati all'aspetto performance della sua moto, visto che in Australia ha sofferto di noie elettriche/elettroniche ed in Indonesia di una brutta gastroenterite.

Se da un lato il terzo posto in coabitazione con Kawasaki può sembrare un premio per gli sforzi di Honda, dall'altro va capito quanto di questo è calo della verdona e quanto è reale crescita della Fireblade. La moto porta sulle carene il leggendario amrchio HRC, cosa che impone prestazioni di vertice ma, ad oggi, si contano un terzo posto di Bautista nel 2020, altri due dello spagnolo nel 2021, uno di Lecuona l'anno scorso ed uno di Vierge quest'anno. Di buono c'è che, nel 2023, su sei gare, una ha già fisto la CBR RR-R sul podio.

Lo si era già detto dopo l'Australia e l'Indonesia lo ha ribadito, la cenerentola del loto al momento continua ad essere BMW. I due ufficiali, Redding e van der Mark, ed i due piloti del Team Bonovo, Gerloff e Baz sono piazzati, a trenino, tra la quattordicesima e la diciassettesima posizione in classifica, a dismostrare una difficoltà generale a fare risultato. La M1000RR è migliorata sul dritto, arrivando a giocarsela alla pari con Ducati ed Honda, ma i guai iniziano con l'arrivo di frenata e curve.

La speranza è che il bandolo della matassa venga trovato prima che a Monaco a qualcuno venga in mente di tracciare un bilancio, anche finanziario e non solo sportivo, circa l'avventura della casa dell'elica in Superbike. Il marchio bavarese, forte di una tradizione solidissima nel motorsport è, al momento, l'unico dei cinque costruttori impegnati in Superbike a non avere ancora vinto un mondiale.

Venendo agli altri piloti, quelli che ingiustamente non vengono citati troppo spesso solo perché non lottano per le posizioni di vertice, che siano rookie o senatori, è anche per loro troppo presto tracciare dei bilanci definitivi. Tra i primi quello che sembra essersi preso un po' di tempo in più nell'adattamento è Baldassarri, mentre tra i secondi Granado e Konig sono gli unici, insieme a Sykes, ancora a quota zero punti. Arrivederci al 21 aprile per le FP1 del GP di Assen, in Olanda.

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